Forcello

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sabato 4 maggio 2013

STAMBECCO


LO STAMBECCO
(capra ibex)



Distribuzione passata e presente:

  Lo stambecco (capra ibex) è presente oggi sulle Alpi Italiane in oltre 70 colonie con oltre 13.000 esemplari.
In passato si è estinto nella quasi totalità per effetto della caccia indiscriminata (per utilizzo alimentare e le presunte proprietà terapeutiche di alcuni organi).
  Il caratteristico comportamento di fuga di questo animale, che essendo un eccezionale arrampicatore non fugge in modo significativo di fronte un eventuale pericolo, ma si rifugia su delle rocce poco lontane, ha fatto si che con l’avvento delle armi da fuoco le sue popolazioni diminuissero drasticamente, tanto da raggiungere nei primi decenni del 1800 una residua popolazione con meno di 100 esemplari, isolati sul massiccio del gran Paradiso, rischiando l’estinzione. Fu il Re Vittorio Emanuele 2° di Savoia nel 1821 a emanare le prime misure protettive, alle quali seguirono nel 1836 le Regie Patenti, che istituirono la riserva Reale del Gran Paradiso, che nel 1922 divenne Parco Nazionale. Poi dal 1952 a oggi, le nuove colonie formatesi grazie ad operazioni di reintroduzione sono state oltre 40 in Italia e all’estero, portando lo stambecco definitivamente al riparo di qualsiasi rischio di estinzione.



Habitat:

  Predilige ambienti di alta quota posti al di sopra del limite della vegetazione arborea, con formazioni erbacee frammiste a rocce, di solito in aree  con forti pendenze. Sceglie aree a clima continentale con precipitazioni scarse. Trascorre i mesi invernali su versanti scoscesi esposti preferibilmente a sud, dove la permanenza del manto nevoso è più breve.


Dimorfismo sessuale:

   Le differenze morfologiche tra i due sessi sono molto evidenti. Il maschio ha grandi corna arcuate (raggiungono anche oltre un metro di lunghezza) con evidenti nodosità frontali piuttosto marcate, tanto più numerose quanto maggiore è l’età dell’animale. Nelle femmine invece le corna hanno dimensioni meno imponenti, raggiungendo in media i 20-25 cm. senza nodosità evidenti.
  Il peso  nei maschi può raggiungere (70-100 Kg.)  mentre nelle femmine è contenuto (35-60Kg.)

Struttura sociale e comportamento riproduttivo:

    Lo stambecco è un ungulato di indole gregaria che tende a vivere in branchi durante tutto il periodo dell’anno. I branchi però sono variabili per composizione e consistenza. I maschi vivono in branchi costituiti di solito da individui della stessa età. Nelle femmine i gruppi più consistenti si formano durante l’estate, quando terminato il periodo dei parti, alle femmine si uniscono anche quelle senza piccolo e giovani maschi sino ai 2 anni di età. I vecchi maschi oltre i 12 anni conducono vita solitaria al di fuori dei branchi o in compagnia di pochi maschi più giovani (3-7) anni. Quelli invece  ormai prossimi alla fine sono solitari tutto l’anno.
  In novembre i maschi raggiungono i quartieri riproduttivi e combattono per stabilire le gerarchie. Gli accoppiamenti avvengono in dicembre gennaio, dopo un complesso corteggiamento.
  La gestazione dura 24-25 settimane, i parti si concentrano nella prima metà di giugno. In colonie ad elevata densità le femmine non partoriscono tutti gli anni, contrariamente a quanto avviene per le colonie con basse densità di popolazione.

Sviluppo:

   L’accrescimento è abbastanza rapido. La maturità fisiologica è raggiunta a un anno e mezzo, ma la prima riproduzione non avviene prima dei 4 anni per le femmine e a 5-6 per i maschi. La vita media degli stambecchi è di circa 14-16 anni nei maschi e raggiunge i 16-20 nelle femmine.


Alimentazione:

   Lo stambecco è un pascolatore selettivo specializzato di alimenti concentrati, con un fabbisogno giornaliero di circa kgal. 3.100. In primavera predilige i getti delle graminacee e le piperacee che sembra non consumare se più basse di due cm. sono comunque appetite le gemme e le giovani foglie di nocciolo, ontano, larice faggio. In estate la dieta si concentra  sulle specie tipiche dell’ambiente alto-alpino con una predilezione  per le monocotiledoni e dicotiledoni. In autunno con la minore disponibilità di foraggio fresco, aumenta il consumo di quello “secco”e quindi arbusti di alta quota e le aghifoglie tra le quali il ginepro. In inverno aumenta in modo considerevole il consumo di foraggio secco appartenenti al genere festuca, ma anche licheni, rametti e foglie di piccoli arbusti, mirtilli, salici, rododendri e in alcuni casi cortecce di giovani conifere.

Gianni  Luciani

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MUFLONE


IL MUFLONE


Distribuzione passata e presente:

  Il muflone, bovis(orientalis)musimon è un bovide, originario dei territori montuosi dell’Asia Minore e del Caucaso. In Italia è stato introdotto dall’uomo, in Corsica e in Sardegna in un periodo compreso trai 6000 e 7000 anni fa. A dimostrazione di questo non esistono resti fossili di questa specie precedenti al periodo citato.
  Attualmente è presente anche sull’Appennino Centrale e sulle Alpi a seguito di introduzioni effettuate a fini venatori, raggiungendo ormai solo sulle Alpi  una popolazione di circa 4000 capi.
  In Piemonte i mufloni sono distribuiti in 11 colonie alpine :  8 derivano da introduzioni e 3 da migrazioni spontanee da colonie francesi; a 32 anni dalla prima introduzione, i mufloni sono presenti nelle Province di Cuneo, Torino e Vercelli ( Valli Gesso, Stura di Demonte, Pellice, Chisone. Ceronda e Casternone, Lanzo, Orco, Soana, Chiusella e Sesia )  in queste colonie  nel 1992, sono stati censiti 1922 mufloni così suddivisi :
               602 nella provincia di Cuneo, 1170 in quella di Torino e 150 in quella di Vercelli.
  Per quanto riguarda la Valchiusella  nel 1981, proprio nell’abetina di Fondo, vennero introdotte tre coppie, le quali però si scelsero sin da subito un habitat più idoneo e si trasferirono nel versante opposto più soleggiato e ricco di pascoli, proprio di fronte all’Osservatorio Faunistico, dove attualmente risultano presenti  circa 75 capi malgrado un piano di abbattimento annuale di otto capi.


Habitat:

 Abita le zone rocciose alternate a formazioni vegetali erbacee e arbustive, anche a basse quote in inverno, ma raggiunge in estate gli ambienti tipici del camoscio.


Dimorfismo sessuale:

  Nel maschio le corna hanno uno sviluppo a spirale compressa, larghe alla base , a sezione triangolare, terminano con punte in genere divergenti, di colore bruno scuro e percorse da rilievi anulari che sulla parte frontale, possono risultare consumati a seguito degli urti che subiscono  durante i combattimenti nel periodo riproduttivo, restano comunque sempre riconoscibili per l’anello che li separa e che consente di stabilirne l’età. Corna sottili e di dimensioni molto ridotte  nel 70% delle femmine corse e solo eccezionalmente in quelle sarde.
  Nei maschi di due o più anni il mantello in inverno è marrone scuro con una macchia bianca sulla schiena chiamata “sella”. Nella parte anteriore del collo e sul petto dei maschi il pelo è più lungo   così da formare una corta criniera. Nella femmina il colore invernale del mantello è più chiaro e la presenza della sella meno evidente. Entrambi i sessi sono provvisti di maschera facciale bianca. Il peso nel maschio  adulto raggiunge i 35 kg. mentre la femmina i 23,5.


Struttura sociale e comportamento riproduttivo:

   Il muflone è gregario per tutto il periodo dell’anno. I maschi raggiungono in ottobre- novembre  i branchi di femmine e piccoli e, dopo i combattimenti per stabilire le gerarchie, hanno luogo gli accoppiamenti. La gestazione dura 148-159 giorni, i parti avvengono in marzo-aprile. Viene partorito solitamente un piccolo, ma sono relativamente frequenti anche i parti gemellari. Odorato ed udito molto sviluppati, nella norma la vista.


Sviluppo e alimentazione:

  L’accrescimento è rapido. La maturità fisiologica è raggiunta a un anno nei maschi, poco prima nelle femmine; la prima riproduzione avviene rispettivamente  a 4 e 2 anni. Le età massime registrate sono di 12 anni nei maschi e 15 nelle femmine.
  E’ un ruminante pascolatore poco esigente ; bruca fogliame, ghiande, prodotti del sottobosco, in caso di necessità si nutre anche di sola erba, ma in inverno in mancanza di erba  rosicchia la corteccia delle piante.


Status delle popolazioni:

  La specie nel suo complesso non è in declino , anche se in Piemonte non sembra in espansione demografica. Essendo una specie alloctona in Italia peninsulare, perlomeno localmente potrebbe essere necessaria la sua eradicazione. In assoluto devono essere vietate ulteriori introduzioni.

Gianni  LucianI

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CAMOSCIO


IL CAMOSCIO
 (rupicapra-rupicapra)


  Distribuzione passata e presente:
A distanza di oltre mezzo secolo dalla grave diminuzione numerica subita durante la seconda guerra
Mondiale, e nonostante la gestione approssimativa di cui sono stati fatti oggetto sino a non molto tempo fa, i popolamenti piemontesi di camoscio, oggi sono al loro massimo storico.
Tra le motivazioni di questo incremento numerico di capi, sicuramente c’è il graduale spopolamento 
o abbandono della montagna da parte dell’uomo, l’aumento di sensibilità dell’opinione pubblica nei confronti della fauna, la drastica riduzione del bracconaggio, ma anche la legislazione nazionale che ha imposto la forma di caccia selettiva, che tendendo a realizzare la parità numerica dei due sessi ottiene che la  riproduzione avvenga in modo decisamente più efficace di quando venivano abbattuti i soli maschi.

  Habitat:
 Preferisce zone rocciose alternate a praterie alpine, prevalentemente sopra il limite della vegetazione arborea. In inverno si sposta a quote inferiori e si incontra usualmente all’interno dei boschi. Alcune popolazioni vivono in aree boscose per gran parte dell’anno.

  Dimorfismo sessuale:
 Il camoscio (rupicapra rupicapra) è lungo circa 120 cm. e alto 70-80 cm. ha una testa corta con occhi grandi, dorso diritto, corna sottili e ricurve all’estremità a forma di grosso uncino (nei maschi possono misurare dai 22 ai 30 cm.)  Le corna nei maschi sono più robuste, hanno diametro maggiore, struttura più divergente e uncinatura più pronunciata.
La struttura corporea della femmina appare più longilinea e meno muscolosa, i maschi invece sono più tozzi e squadrati e la profondità del torace è maggiore, in generale la muscolatura è più sviluppata. Il collo della femmina è più sottile e lungo, anche il muso appare maggiormente allungato. Nel maschio invece il collo è largo e corto, e anche ilmuso è corto e tozzo, nei maschi soprattutto con il mantello invernale è presente la criniera e il classico pennello sul pene.
Riconoscere il sesso dei camosci di età inferiore a un anno è una cosa impossibile, da uno a due anni è difficoltoso e solo quando ha superato i due anni si può essere sicuri del sesso.

  Struttura sociale e comportamento riproduttivo:
  La struttura sociale è  caratterizzata da una marcata segregazione sessuale. Le femmine e i piccoli vivono in gruppi di dimensioni variabili, mentre i maschia adulti sono prevalentemente solitari. Gli accoppiamenti avvengono da fine ottobre a metà dicembre, in base alle condizioni climatiche. I maschi adulti difendono strenuamente i loro territori da cui allontanano i rivali.
La gestazione è di 180-190 giorni. I parti, di un solo piccolo, più raramente due, avvengono a maggio- giugno. In Italia il tasso di incremento medio annuo è valutato intorno al 3,7% (1980-2000)

  Sviluppo e alimentazione:
 L’accrescimento è rapido. La maturità fisiologica è raggiunta a 1 anno, mentre l’attività riproduttiva inizia solitamente a 3 anni per le femmine, a 5-6 anni per i maschi. Le massime età registrate sono di 20 anni nei maschi e 24 nelle femmine anche se l’aspettativa di vita è mediamente di poco superiore ai 10 anni. Il peso del camoscio può variare dai 25 ai 35 kg.; sono esclusivamente animali diurni.
E’ un ruminante poco specializzato, potendo sia pascolare erba sia brucare gemme o foglie giovani è in grado di sfruttare al meglio anche le risorse meno appetibili (come licheni e aghi di pino) E’  accertato che la sua dieta è composta da oltre trecento specie vegetali.

  Rapporti con altre specie:
 Problemi di convivenza possono instaurarsi con il,muflone, soprattutto in aree poco idonee per una delle due specie. Gli ovi- caprini domestici possono trasmettere malattie tra cui la cherato-congiuntivite  infettiva  e brucellosi. Non sembrano invece esistere relazioni negative con i bovini domestici. In Piemonte i predatori sono rappresentati da volpe e aquila reale, che sembrano incidere limitatamente sui piccoli recentemente si è aggiunto il lupo. In Piemonte, con i piani di prelievo selettivo si prelevano circa 2000 capi all’anno.

Gianni Luciani

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